Cambiare in meglio il sistema paese: si può fare sapendo come

Di Emilia Urso Anfuso – Fondatrice di NoiNazione

Nel corso degli anni sono accadute molte cose in Italia e nel mondo. La società è cambiata, spesso si ritiene che sia migliorata, in virtù della modernità, che non resta ferma e sviluppa nuove forme di coesistenza sul territorio in cui si vive.

Le cose migliorano o possono peggiorare. Non tutto è buono, non tutto è da gettare.

Eppure, in questo nostro paese, bello, ricco di storia e di cultura. a un certo punto si è creata una crepa, che via via – non essendo mai curata – è diventata sempre più grande, più profonda, divenendo una frattura. Mi riferisco al rapporto tra la popolazione e chi amministra il paese, dalla politica nazionale a quella locale.

Non tutto è da gettare, ribadisco, ma non tutto va come dovrebbe andare. Molte crepe si sono approfondite tra le pieghe dei diritti civili, dal welfar sfregiato della sua essenza e consistenza, al sistema fiscale che, dati alla mano, è uno dei più pressanti a livello europeo, e in certa dose, anche a livello mondiale.

A fronte di una pressione fiscale che distrugge i dettami dell’art. 53 della nostra Costituzione che recita:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività“.

In ragione della loro capacità contributiva, non in ragione della priorità che lo Stato impone ai cittadini: pagare prima tasse e imposte anche se la tua capacità contributiva è minore rispetto alla pressione fiscale obbligatoria…

Il sistema tributario, peraltro, da anno non è informato a criteri di progressività, termine che significa che chi più ha più contribuisce. Nulla di questo accade ormai da molti anni.

Semmai, accade il contrario: grazie, o a causa, delle pressioni di partiti politici che ritengono più urgente sostenere le classi più agiate, o gli industriali, si operano maggiori pressioni sulla popolazione.

Vorrei dire una cosa: se è pur vero che le classi più agiate e gli industriali sono la categoria di cittadini che forniscono maggior ricchezza al paese, è pur vero che imporre alla popolazione di classe media e bassa, contando sui grandi numeri, non sarà mai una logica democratica.

Per questo, e per molte altre ragioni che non rendono merito alla nostra Italia, conosciuta per anni come la nazione dell’operosità, delle belle persone, di chi sa girarsi le maniche per affrontare i problemi e risolverli, per non lasciare nulla di intentato di fronte alle troppe crepe che sono state lasciate ad approfondirsi, fino a sanguinare attraverso l’incongruenza tra la parola “Democrazia” e il reale stato della condizione popolare, ho tracciato le linee guida di come un popolo NON facinoroso, ma attento alla soddisfazione dei criteri di democrazia, trasparenza e lealtà, può tornare ad avere voce in capitolo, e persino a dialogare con chi gestisce il paese.

Ne è nato un libro, che ho pubblicato nel 2017: Manuale del Rivoluzionario 3.0

Il titolo non deve portare in errore: sarò sempre contraria alle rivoluzioni di piazza, alle urla, alle inutili manifestazioni.

Col termine “Rivoluzionario” intendo i cittadini pensanti che saranno in grado di operare un cambiamento basato sulla conoscenza reale dei diritti (Spesso le manifestazioni peccano di contenuto, altrettanto spesso i cittadini non conoscono i propri diritti e fanno richieste senza capo nè coda, motivo per cui non ricevono nemmeno interesse da parte della componente politica)

Ogni capitolo spiega come la popolazione italiana può organizzare se stessa al pari di un grande movimento, senza “Leader” ma con portavoce, persone in grado di comunicare le istanze del territorio di riferimento. Con un coordinamento centrale che serve solo a non disperdere questa forza che è possibile solo con la più grande coesione che di possa creare: quella nazionale.

Sapere cosa chiedere, perché e come, è il fondamento di un vero sistema democratico, quello che nessuno – che io ricordi – ha mai davvero spiegato ai cittadini italiani.

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In tutta la mia esistenza non ho mai sfruttato a mio vantaggio il mio attivismo per i diritti civili, ma è anche vero che scrivere – anche libri – è la mia professione.

Lo ripeto: chiunque non se la senta di acquistarlo, può inviarmi una richiesta per ricevere il formato .pdf tramite mail

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